L'età del dubbio/l'âge du doute

Concetta Modica e Sophie Usunier sono state invitate in residenza in Sicilia per un mese. Confessioni, paure, dibattiti tra le due artiste su L'ETÀ DEL DUBBIO che si è concluso in una mostra.

“Il lavoro si baserà sulla nostra convivenza, sulla condivisione degli spazi, sul nostro modo di lavorare sia insieme che individualmente, su come ci relazioneremo con la città. Una di noi conosce la Sicilia da sempre e l’altra la vede per la prima volta, gli occhi di ognuno faranno da filtro per l’altra”.

Le artiste hanno invitato per l'occasione Francesca Alfano Miglietti, Luigi Fassi, Francesco Lauretta, Francesco Lucifora, Don Antonio Sparacino.

* Concetta Modica et Sophie Usunier ont été invitées en résidence qu'elles ont intitulée L'ETÀ DEL DUBBIO (l’âge du doute). Confession, peurs, débats entre les deux artistes sur ce thème qui s'est conclu par une exposition.


“Le travail se basera sur notre cohabitation, sur le partage du lieu, sur notre mode de travailler que ce soit ensemble ou individuellement, sur notre relation à la ville de Sicily. Une d’entre nous connait Scicli depuis toujours, et l’autre la voit pour la première fois, Nos propres yeux serviront de filtre à l’autre”.


Les artistes ont invité pour l’occasion Francesca Alfano Miglietti, Luigi Fassi, Francesco Lauretta, Francesco Lucifora, don Antonio Sparacino.




martedì 27 ottobre 2015

Trovarci qui e ora fa nascere inevitabilmente il dubbio se ci sia o meno la consapevolezza di dove (e cosa) siamo.

Sara Rossi
Benvenuti
2015
dalla serie fotografica Abc (dal 2013)

lunedì 19 ottobre 2015

quando il bambino era bambino

nell’alternarsi e prostrarsi dei giorni
l’atlante regge e sorregge
nel seme e nella certezza
del dubbio.

du
bist
io?

Marissa Morelli

sabato 10 gennaio 2015

IL MIO DUBBIO

Che dire…
Ho tanti dubbi che sceglierne uno è impossibile.
Ho dubbi complessi e dubbi semplici.
Dubbi che sembrano immobilizzarmi e dubbi che mi stimolano.
Fra queste due tipologie preferisco la seconda…!
Due tipologie di dubbio sono già 4 strade che si incrociano. Che, a volte, ti “mettono in croce”.
Lo suggerisce l’etimologia della parola: sembra che nella maggior parte delle lingue antiche il termine indicante un’incertezza, comprenda la radice “due”. Dunque il dubbio è un’ambivalenza non necessariamente giusta o sbagliata.
In greco antico invece, dubbio è generalmente tradotto con aporia (problema pressoché irrisolvibile-amen). Da qui nasce il pensiero moderno occidentale.
Pensiero che ci informa, grazie alle nuove tecnologie, che dietro alle scelte c’è l’istinto, mentre la ragione viene dopo. Forse, per questo, Aporia, adesso, è il nome dato a una farfalla.
Ma allora a che serve il lavoro di millenni? Appena l’uomo diventa conscio di poter discernere, ecco che sembra dover accettare la primitiva schiavitù all’istinto. La propria “animalità”. Che ne è più dell’Homo faber?
Per questo prendo la licenza di riassumere tutto ciò in un unico grande dilemma che è la cosa che più mi perseguita in quanto artista.
Posto che essere artista è per me irrinunciabile poiché non è solo una scelta ma una condizione, ciononostante ogni giorno mi chiedo se vale la pena.
Se, guardandomi attorno, vale la pena lavorare in una realtà che proprio si ostina a non cambiare mai molto. Almeno in profondità.
Mi chiedo se il mio è un problema reale o un atteggiamento di edonismo. D'altronde pochi artisti non ne soffrono…
Perché, poi, vedere nell’arte una natura salvifica?
Basta il piacere di poter creare.
Ma il quesito di Minskin mi ossessiona: “la bellezza salverà il mondo?” Si direbbe di no, ma sono sicura che senza questo grande dubbio essere artista sarebbe per me un peso gigantesco o una inutilità assoluta.
Allora rimango col mio dubbio e vado avanti.
Se la bellezza non salverà il mondo, mi rispondo, sarà almeno la tensione verso questa bellezza profonda che potrà evitare di oscurarlo del tutto. Con la consolazione che solo l’uomo può plasmare consapevolmente la creatività.
Un’ eredità da salvare e tutelare.
Allora il mio dubbio diventa il giusto solletico che mi incita a procedere senza la presunzione di pensare che sarà la mia opera a trasformare qualcosa.
Mi basta essere uno dei tanti nodi in una maglia che filtra il succo dalla dura polpa delle cose.
Uscita dalla mitica caverna, so che luci e ombre fanno parte di noi e che non sempre il bagliore può rischiarare la nostra oscurità.
Per il resto, vivo sulla soglia di quel buco misterioso che aprì ad Alice la fantasia e diede a Fontana l’immensità nella semplicità.
OMBELICO è una dedica alla vita che arriva dall’oscuro e si dirama verso la luce nascosta di nuovi misteri.

Arianna Giorgi, OMBELICO, 2011