Habitat#2|Concetta Modica Sophie Usunier
9 luglio giardino di San Giovanni
(*en cours de traduction)
Quando mi è stato chiesto
onestamente di parlare qui, non mi sono sentito particolarmente adatto a
parlare del dubbio, non solo per quello che faccio, per quello in cui credo, ma
soprattutto perché mi sembrava poco adatta la mia parola dentro un contesto del
genere però poi ripensandoci… si fa esperienza del dubbio sempre.
Mi sono messo a ripensare ai miei
dubbi e mi è venuta un’immagine dei tempi dell’adolescenza, l’età del dubbio
per eccellenza, ricordo di aver fatto delle letture particolari, le letture tipiche
dell’età adolescenziale e c’era un autore che allora andava molto di moda, si
chiamava De Crescenzo, che raccontava di un intellettuale napoletano e lui a un
certo punto nelle sue lezioni a dei poveracci che stavano li con lui,
rappresenta la civiltà divisa in due realtà: una che segue il punto esclamativo
e una che segue il punto interrogativo.
Il punto esclamativo è
l’intolleranza, l’asserzione, certa l’incapacità di dialogo;
il punto interrogativo è invece
l’essenza stessa della ricerca e quindi la tolleranza, il contrario del punto
esclamativo. Da lì immediatamente il pensare che soltanto con il punto
interrogativo, quindi col dubbio si può realmente crescere, tuttavia io penso
che il dubbio sia semplicemente il primo passo, Il dubbio è ciò che ti pone la
domanda, dalla domanda inizia la ricerca, ma un ricerca che non ha un fine
obiettivamente non è ricerca, perché diventa fine a se stessa.
Il dubbio a un certo punto deve essere superato, non si
può fare del dubbio la propria vita, non si può fare del dubbio la propria
esistenza, nonostante poi del dubbio la nostra esistenza è piena, a un certo
punto una riposta bisogna darla che sia affermativa o negativa ecco che allora
credo che quando si parla dell’età del dubbio si identifichi proprio con quel
processo di ricerca che nasce nel momento in cui noi cominciamo a conoscere il
mondo. Quando siamo piccoli abbiamo delle certezze che sono i nostri affetti, i
nostri punti di riferimento, poi a un certo punto comincia la ribellione,
comincia il dubbio di tutto. Io, sia per quello che ho vissuto personalmente e
sia per quello che vivo quotidianamente attraverso l’esperienza
dell’insegnamento, vedo che questo processo c’è e soprattutto tra il tempo che
si chiamava il tempo dell’adolescenza attualmente invece in questo tempo
infinito dell’adolescenza il dubbio rimane sempre.
Mi è venuto da rivedere un po’ la
nostra storia recente della filosofia che è molto adolescenziale per molti
versi, in fondo non si dà nessuna risposta. Chi conosce la filosofia i grandi
sistemi filosofici che sono arrivati fino agli anni 30, i grandi sistemi
dell’esistenzialismo certamente davano delle risposte che poi sono state
sconfessate dalla corrente successiva, a un certo punto si è venuta a creare
una sorta di realtà dubbiosa e questo continuo punto interrogativo come motore
di tutta la nostra esistenza. Di recente vediamo che i padri del dubbio, mi
viene in mente adesso il filosofo Gianni Vattimo, ma penso anche a Umberto Eco,
che parlava della verità come qualcosa che poteva essere tranquillamente
eclissata, visto che era fuori della portata dell’uomo, poi in fondo stanno
cominciando a cambiare idea, stanno diventando grandi, perché alla fine
rimanere sempre nel dubbio non fa crescere, si rimane degli eterni Peter Pan,
si va alla ricerca si passa da una realtà all’altra senza collocarsi. Prima di
venire qui ho fatto un gesto, mi sono inginocchiato davanti all’altare dove era
esposto il santissimo sacramento e mi sono chiesto: questo gesto è una
domanda o un’affermazione? E’ entrambe, è
un’affermazione nel momento in cui sto dicendo qualcosa di assertivo, mi sto
inginocchiando, è una domanda perché comunque trasforma sempre il modo di
affermare. La mia esperienza ha a che fare con le due antitesi dell’esistenza:
la vita e la morte, sono i due momenti certi della nostra vita il nascere e il
morire. Comunque avvenga il nascere è un fatto certo, comunque avvenga il
morire è un fatto certo, il fatto non il modo, perché se noi dovesimo
verificare le circostanze autentiche del nascere e del morire e le volessimo
controllare saremmo sicuramente nella piena incertezza, tuttavia i punti di
riferimento ci sono. Noi di fatto siamo pieni di atti di fede certa, basti
soltanto pensare alla matematica, chi ha studiato più di me fisica, io arrivavo
appena alla sufficienza, sa almeno questo concetto che due più due non fa
quattro, fa sempre un po’ più di due e un po’ più di quattro. Due più due
uguale quattro è un puro concetto matematico che come tale non esiste in
natura, deve esere necessariamente astratto, qualunque processo di astrazione è
un atto di fede. Qualunque processo di astrazione è qualcosa che ci allontana
dal dubbio è un’affermazione, se siamo certi che due più due fa quattro non
stiamo dicendo nulla di dubbioso ma nello stesso tempo non stiamo dicendo
niente di sperimentalmente verificabile, è qualcosa che noi crediamo e basta, e
cosi per tutti gli altri concetti che da questo sono derivanti.
Credo che il nostro tempo sia uno
di quei tempi ciclici in cui ancora una volta il dubbio sta albergando nelle
nostre menti. Credo ancora che noi siamo molto giovani è vero come diceva
Tomasi di Lampedusa siamo vecchi di tante migliaia di anni, però forse siamo
anche molto giovani per quello che pensiamo. Di recente sono stato in Medio
Oriente e lì non c’è spazio per il dubbio, quando a 17 anni ti mettono un m4 in
mano per fare il militare e lo devi tenere per 4 anni, non te ne devi mai separare, non ci
sono grossi dubbi. C’erano gruppi di soldatini in divisa che venivano
catechizzati sull’olocausto e su tutto quello che è avvenuto agli ebrei non
c’erano dubbi nella parole delle loro guide parlavano in inglese e ci capiva
più o meno quello che dicevano, lo dicevano anzi con una certa foga. Il nostro
invece è uno spazio geografico in cui il dubbio procede e dobbiamo crescere
anche noi e questo ci da una grande responsabilità, quella di portare la nostra
mente verso quella ricerca autentica che non può essere soltanto la pura
ricerca. Ogni tanto contesto ai miei scout il concetto fondamentale della loro
eperienza, loro nella terza fase parlano sempre della strada, ma la strada deve
avere una meta, una strada che non abbia una meta non è una strada, è un luogo
che si vive in quel momento. Io non amo le crociere per esempio perché per me
la croceira è l’antitesi del viaggio, perché il viaggio diventa la meta tu stai
sulla nave e ci stai solo per spostarti da un porto all’altro non può diventare
il luogo dove stare tutto il tempo. Ora la nostra vita non può essere una
crociera, non può essere soltanto un camminare, la nostra vita deve essere un
camminare verso qualcosa, ecco che allora il dubbio prodromico a qualunque
ricerca deve però poi svolgersi dentro un’esperienza, un’esperienza che poi
deve essere affermativa, questo credo che lo capiremo diventando un po’ più
grandi. Diventatando più grandi capiremo che poi le nostre prospettive possono
sempre con maggiore certezza collocarsi dentro le realtà giuste, che non devono
partire naturalmente da posizioni dogmatiche, ma devono necessariamente essere
confermate da ciò che c’è dentro di noi.
La dottrina critiana da questo
punto di vista è la più tollerante di tutte, io dico sempre se trovate una
religione migliore della mia ditemelo che la cambio subito, la ritengo la
migliore proprio perché comunque ha una sola mozione che è quella della
coscienza, quella coscienza che deve essere illuminata, formata, che deve
essere realmente portata verso la giusta strada, soltanto la coscienza nessun
altro può darci la vera risposta, perché il nostro cuore è quello che veramente
può riconoscere la verità. Dicevano gli scolastici in interiore homine
habitat veritas, è nella nostra realtà che
possiamo ritrovarci, non possiamo perderci, perché se la nostra interiorità si
perde verso le vie oscure del dubbio e lì vi rimane, rischiamo di entrare in
quei terribili concetti dell’astrofisica, concetti anch’essi, mai nessuno ha
fatto esperienza, come quella dei buchi neri, quei buchi neri che sono l’anti
materia, che assorbe tutto, che non dà niente, dove la luce non c’è perche lì
tutto è stato assorbito.
In fondo il dubbio può richiare
di fare questo assorbire, tutto noi stessi e lasciarci nell’oscurità, la luce è
quella della verità una verità riconosciuta da noi ma sempre alimentata dalla
nostra esperieza quotidiana.
Questo personalmente ho compreso
dai tempi in cui credevo che soltanto quelli che avevano il punto interrogativo
potevano essere realmente veri uomini, perché tutti gli altri erano quelli che
avevano creato problemi all’umanità, oggi forse qualche punto esclamativo lo metto
anch’io, magari in questo momento sto mettendo solamente un punto, poi se
mettere un punto eslamativo lo vedrò più avanti. Ma se a qualcosa ci teniamo
dobbiamo saperla gridare, saperla affermare, ed ecco che quello che ho potuto
dire stasera, spero non abbia dato l’impresione di voler affermare una verità
assoluta ma semplicemente ciò che realmente nell’esperienza di una ricerca, una
ricerca personale, una ricerca vera e sincera, ha potuto realizzare qualcosa
che poi diventa verità e che comincia a trasformare un punto interrogativo in
punti fermi da cui poi ripartire per ulteriori ricerche, per ulteriori domande.
Antonio Sparacino