
Habitat2|Concetta Modica Sophie Usunier
7 luglio Grotta del Timponello Scicli
(*en cours de traduction)
ADRIANO OLIVETTI, PIER PAOLO PASOLINI, DANILO DOLCI
La modernità italiana come dubbio irrisolto
Vorrei iniziare questo intervento sottolineando tre figure, Adriano Olivetti, Pier Paolo Pasolini e Danilo Dolci, che sono le figure chiave per capire la relazione ambigua, fallimentare e non affermata tra l'Italia e la modernità. Olivetti fu un imprenditore, Pasolini un poeta, uno scrittore, un critico e un regista e Dolci un sociologo, probabilmente il meno conosciuto dei tre da un pubblico internazionale.
Arrivato a Napoli nel 1955 per aprire una filiale della sua impresa a Pozzuoli, il primo avamposto della compagnia in Sud Italia progettato dall'architetto Luigi Cosenza, l'imprenditore Adriano Olivetti tenne un discorso appassionato di fronte ai suoi operai, sul conflitto contemporaneo tra natura e lavoro industriale, e sul destino degli operai italiani che erano stati obbligati a lasciare la terra e l'agricoltura per lavorare in fabbrica. Olivetti delineò una situazione apocalittica, descrivendo la relazione tra la tradizione e la cultura contadina, e le nuove realtà industriali italiane, puntando il dito contro la frattura profonda che ci fu tra migliaia di anni di una certa civilizzazione Mediterranea e la brutale diversità contemporanea della produzione di massa. Le parole di Olivetti erano visionarie ed è ancora oggi difficile credere che siano state pronunciate da un privato imprenditore di fronte ad un pubblico di operai durante l'inaugurazione di un nuovo stabilimento della sua azienda:
"L'uomo, strappato alla terra e alla natura dalla civiltà delle macchine, ha sofferto nel profondo del suo animo e non sappiamo nemmeno quante e profonde incisioni, quante dolorose ferite, quanti irreparabili danni siano occorsi nel segreto del suo inconscio. Abbiamo lasciata, in poco più di una generazione, una míllenaria civiltà di contadini e di pescatori. Per questa civiltà, che è ancora la civiltà presente nel Mezzogiorno, l'illuminazione di Dio era reale ed importante, la famiglia, gli amici, i parenti, i vicini, erano importanti; gli alberi, la terra, il sole, il mare, le stelle erano importanti. [...] Lo sconvolgimento di due guerre ha spinto l'uomo definitivamente verso l'industria e l'urbanesimo. Esso ha strappato il contadino alla terra e lo ha racchiuso nelle fabbriche."
Adriano Olivetti, “Città dell’Uomo”, Edizioni di Comunità, Torino, 2001 (prima edizione in 1960), pp. 100-101
testo in revisione
Luigi Fassi